IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Vista  la  nota  del  p.m.  di  Trani  con  la  quale eccepisce la
 incostituzionalita' per violazione degli artt. 3, 25, secondo  comma,
 53,  primo  comma,  della  Costituzione dell'art. 1, sesto comma, del
 d.-l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito  nella  legge  n.  516/1982,
 nella parte in cui assoggetta a sanzione penale anche l'omessa tenuta
 o conservazione del registro sostitutivo degli apparecchi  misuratori
 fiscali,  per il caso di mancato o irregolare funzionamento di questi
 ultimi; previsti dall'art. 11 del decreto del Ministro delle  finanze
 23 marzo 1988.
    Viste  le  ragioni  e  le motivazioni a sostegno della tesi qui di
 seguito riportate la sentenza della Corte di cassazione n. 121 del 25
 gennaio  1988,  richiamata  dalla  S.V.  Ill.ma nell'ordinanza del 17
 gennaio 1989, non e' condivisa,  a  livello  di  opinione  personale,
 dallo scrivente.
    Tuttavia,  non puo' dimenticarsi che la richiamata interpretazione
 dell'art. 1, sesto comma, della legge n.  516/1982,  proprio  perche'
 proviene    dall'organo   giudicante   investito   di   funzioni   di
 nomofilac/'a, costituisce nel mondo giuridico un "fatto" di  indubbio
 rilievo del quale e' impossibile non tener conto alcuno.
    Cio' posto, peraltro, la norma penale incriminatrice in esame, ove
 venga estesa, come sembra doversi fare, sino a ricomprendere nel  suo
 ambito  anche  il  registro  previsto  dall'art. 11 del d.m. 23 marzo
 1983, assume profili di assai dubbia costituzionalita' che certamente
 il legislatore del 1982 non poteva avere previsto.
    Per  meglio  comprendere  la situazione, occorre riflettere che il
 registro  prescritto  dall'art.  11  del  d.m.  23  marzo  1983  (con
 espressione assai impropria e fonte di pericolosi equivoci denominato
 registro dei corrispettivi)  altra  funzione  non  ha  che  quella  -
 meramente  eventuale - di sostituire il registratore di cassa, avente
 funzione di misuratore fiscale, per il  caso  di  mancato  temporaneo
 funzionamento di quest'ultimo per qualsiasi causa.
    A  sua  volta  il  richiamato  d.m.  23  marzo  1983 contiene, per
 espressa menzione della sua intestazione: "Norme di attuazione  delle
 disposizioni  di  cui  alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, concernente
 l'obbligo  da  parte  di  determinate   categorie   di   contribuenti
 dell'imposta  sul valore aggiunto di rilasciare uno scontrino fiscale
 mediante l'uso di speciali registratori di cassa".
    L'obbligo  di rilasciare lo scontrino fiscale e', dalla richiamata
 normativa, imposto ai gestori di quelle attivita' commerciali per  le
 quali "... non e' obbligatoria l'emissione di fattura...", ovvero che
 sono  "...  non  soggette  all'obbligo  del  rilascio   di   ricevuta
 fiscale..." (art. 1 della legge n. 18/1983 citata).
    L'effetto  pratico di tali disposizioni (certamente corrispondente
 alla intenzione del legislatore, come  si  ricava  dal  coordinamento
 sistematico  delle  varie  norme  attualmente in vigore) e' quello di
 provocare l'emissione di  uno  scontrino  per  quelle  operazioni  di
 vendita  o  di  somministrazione  al  minuto per le quali l'emissione
 della fattura sempre ed in ogni caso  (indipendentemente,  cioe',  da
 un'espressa   richiesta  dell'acquirente)  risulterebbe  procedimento
 inutilmente macchinoso.
    Puo',   dunque,   concludersi   per   la  validita'  del  seguente
 sillogismo: lo scontrino fiscale assolve, in pratica,  alla  medesima
 funzione  dell'emissione  di  fattura; la registrazione delle singole
 operazioni sul registro previsto dall'art. 11 del d.m. 23 marzo  1983
 viene  fatta  "...  in luogo del rilascio dello scontrino fiscale..."
 per il caso di mancato o irregolare funzionamento del registratore di
 cassa;  ergo:  le  annotazioni sul registro di cui all'art. 11 citato
 assolvono alla medesima funzione dell'emissione di fattura.
    Un  punto  va chiarito subito, affinche' non si cada in grossolani
 equivoci; l'annotazione delle operazioni sul registro di cui all'art.
 11  non  sotituisce  in  alcun caso le conseguenti annotazioni che il
 contribuente  e'  tenuto  a  fare  sul  registro  dei   corrispettivi
 obbligatorio  a  fini  dell'I.V.A.  Sul  punto  e'  inequivocabile il
 disposto del quarto comma dell'art. 1  dello  stesso  d.m.  23  marzo
 1983:  "Restano fermi gli obblighi di registrazione di cui agli artt.
 23 e 24 del d.P.R. 26  ottobre  1972,  n.  633..."  (norme,  appunto,
 istitutive  dell'obbligo  di  tenere un registro dei corrispettivi ai
 fini dell'I.V.A.).
    Tutto  cio'  premesso,  balza  allora evidente un primo profilo di
 grave ed irrazionale  disparita'  di  trattamento  sanzionatorio  tra
 ipotesi di comportamenti tra di loro equipollenti.
    La  mancata  emissione  dello  scontrino fiscale e' punita con una
 pena pecuniaria (art. 2 della legge n. 18/1983).
    La   mancata   emissione  di  fattura  o  la  conseguente  mancata
 annotazione di corrispettivi nelle scritture contabili sono del  pari
 punite,  qualora avvengano per importi non particolarmente rilevanti,
 con sanzioni amministrative  e  vengono  assoggettate  alla  sanzione
 penale  dell'arresto  fino  a  due  anni  o  dell'ammenda fino a lire
 quattro milioni solo nel caso in cui gli importi non fatturati o  non
 registrati superino la soglia di punibilita' dei cinquanta milioni di
 lire (art. 1, secondo comma, n. 2, del d.-l. 10 luglio 1982, n.  429,
 convertito   in   legge   7   agosto   1982,   n.  516  e  successive
 modificazioni).
    Per  contro,  come  conseguenza dell'interpretazione fatta propria
 dalla sentenza 25 gennaio 1988 della  Corte  di  cassazione,  con  la
 medesima  sanzione  penale  di  cui  sopra (arresto fino a due anni o
 ammenda fino a lire quattro milioni -  art.  1,  sesto  comma,  della
 legge  n.  516/1982)  verrebbe punita non la mancata registrazione di
 incassi per importo anche irrisorio (il che costituirebbe, almeno, un
 danno   gia'   in  atto  per  l'erario),  ma  il  mero  pericolo  che
 un'eventualita' del genere possa verificarsi non essendosi  istituito
 il registro previsto dall'art. 11 del d.m. 23 marzo 1983.
    Ne' vale obbiettare che il giudice ha facolta' di graduare la pena
 tra il minimo e  il  massimo  edittare,  in  quanto,  essendo  quella
 dell'omessa fatturazione di ricavi per L. 50.000.001 l'ipotesi mimina
 punibile ai sensi dell'art. 1, secondo comma, n. 1,  della  legge  n.
 516/1982, il giudice non potra' che irrogare in tal caso la pena piu'
 prossima al minimo.
    Altra   macroscopica  disparita'  di  trattamento  emerge  ove  si
 consideri che, ai sensi dell'art. 2, ottavo  comma,  della  legge  26
 gennaio  1983,  n. 18, per l'omessa installazione del registratore di
 cassa e'  prevista  una  mera  sanzione  amministrativa  (sospensione
 temporanea  della  licenza  o dell'autorizzazione all'esercizio della
 attivita'), mentre per l'omessa istituzione del  registro  succedaneo
 del  medesimo  registratore  (per  di  piu' a funzionamento meramente
 eventuale) sarebbe prevista la piu' grave sanzione penale.
    Il   raffronto   ora   esaminato  tra  conseguenze  della  mancata
 installazione del registratore e conseuenza  dell'omessa  istituzione
 del   registro  sostitutivo  introduce,  d'altro  canto,  un  secondo
 argomento  di  dubbia  costituzionalita'  sotto  il   profilo   della
 capacita'  contributiva  (art.  53  della  Costituzione)  o, piu' nel
 dettaglio, del  pericolo  di  un  doloso  occultamento  di  capacita'
 contributiva.
    E'  infatti  evidente  che  mentre  il  registratore di cassa deve
 funzionare tutti i giorni  e  per  tutte  le  ore  di  attivita',  il
 registro  sostitutivo  non  puo'  che  essere  destinato  a contenere
 registrazioni di operazioni poste in essere nel limitato periodo (che
 potrebbe essere anche di sole poche ore) in cui il misuratore fiscale
 risulti fermo per riparazione o per mancanza di energia  elettrica  o
 per  qualsiasi  altra  causa.  Ne  consegue  che  il  pericolo  di un
 occultamento di capacita' contributiva  e'  di  gran  lunga  maggiore
 nella  ipotesi  di  mancata installazione dell'apparecchio che non in
 quella di mancata istituzione del registro sostitutivo.
    Ma  v'e'  di  piu':  accade  di  solito  -  e il caso in esame nel
 presente procedimento penale ne  costituisce  un  esempio  -  che  il
 contribuente  abbia  istituito  e regolarmente tenuto il registro dei
 corrispettivi previsto  dall'art.  24  del  d.P.R.  n.  633/1972.  Ne
 consegue  che,  ove gli incassi giornalieri siano stati ordinatamente
 riportati su tale registro nessun danno e nessun  pericolo  di  danno
 puo'  verificarsi  per  l'erario, anche se, per avventura, gli stessi
 incassi non siano stati registrati nel misuratore fiscale ovvero  nel
 registro sostitutivo di cui all'art. 11 del d.m. 23 marzo 1983.
    In  tale  ipotesi,  si finirebbe allora con assoggettare alla piu'
 grave forma sanzionatoria, quella penale, un  comportamento  (mancata
 istituzione  del registro sostitutivo) che non rappresenta neppure un
 pericolo di occultamento di capacita' contributiva (e' appena il caso
 di   rilevare   che   l'omessa   regolare  tenuta  del  registro  dei
 corrispettivi o l'omessa annotazione su di esso dei ricavi  -  queste
 si'  ipotesi  veramente  pericolose  nella prospettiva di un'evasione
 fiscale -  costituiscono  gia'  di  per  se'  fattispecie  penalmente
 rilevanti ai sensi dell'art. 1 della legge n. 516/1982).
    Terzo profilo di dubbia costituzionalita' e' dato da un'ipotesi di
 violazione della riserva assoluta di legge ex art. 25, secondo comma,
 della Costituzione a cui conduce l'inclusione del registro ex art. 11
 del d.m. 23 marzo 1983 tra le scritture contabili previste  dall'art.
 1, sesto comma, della legge n. 516/1982.
    Non  ignora  lo  scrivente,  anzi  condivide,  la ormai prevalente
 opinione  giurisprudenziale  che   la   citata   fattispecie   penale
 costituisca  una  cosiddetta  norma  "in bianco", come tale idonea ad
 essere completata, nella sua parte precettiva, da un qualsiasi atto o
 provvedimento amministrativo, anche non avente valore di legge.
    Ma qui il caso appare veramente singolare.
    La  legge 23 gennaio 1983, n. 18, dopo aver istituito l'obbligo di
 rilasciare  lo  scontrino  fiscale   mediante   l'uso   di   speciali
 registratori  di  cassa o altri apparecchi equipollenti, demanda, con
 l'ultimo comma dell'art. 1, alle  norme  regolamentari  (decreti  del
 Ministro  delle  finanze)  il  compito  di  determinare le necessarie
 prescrizioni  di   attuazione:   caratteristiche   degli   apparecchi
 misuratori  e degli scontrini, modalita' e termini del loro rilascio,
 dati da registrare, controlli, nonche' numerose altre indicazioni tra
 cui  "...  gli  adempimenti manuali sostitutivi indispensabili per il
 caso di mancato funzionamento dei registratori...".
    Cio'  premesso,  l'art.  2  della legge n. 18/1983, al primo comma
 prevede la pena pecuniaria da L. 200.000 a L. 900.000 per il caso  di
 mancata   emissione  dello  scontrino  fiscale  o  di  emissione  del
 documento  stesso  con  indicazione  del  corrispettivo   in   misura
 inferiore  a  quella  reale, mentre stabilisce al secondo comma: "Per
 ogni  altra  violazione  delle  disposizioni  contenute  nei  decreti
 previsti dall'art. 1 si applica la pena pecuniaria da L.  20.000 a L.
 200.000".
    Poiche', come abbiamo visto, anche la previsione degli adempimenti
 manuali sostitutivi e' materia affidata ai decreti previsti dall'art.
 1  citato,  ne deriva che la legge n. 18/1983 ha inteso comminare una
 mera sanzione amministrativa.
    Se  si  ritiene  che  l'art.  11  del  d.m.  23  marzo 1983 sia da
 riportare nell'ambito di operativita' della norma  incriminatrice  di
 cui  all'art.  1,  sesto comma, della legge n. 516/1982, non puo' che
 concludersi che una disposizione  avente  valore  di  regolamento  ha
 finito  con  lo  scavalcare  la stessa norma di legge di cui dovrebbe
 costituire attuazione, attribuendo  valenza  penale  a  comportamenti
 gia' previsti da detta legge come mero illecito amministrativo.
    Ne'  puo'  obbiettarsi che l'originaria previsione deve intendersi
 modificata e, sostanzialmente, abrogata, dall'art.  1,  sesto  comma,
 della  legge  n. 516/1982, e cio' per il semplice motivo che la legge
 26 gennaio 1983, n. 18, e' posteriore, non anteriore  alla  legge  n.
 516/1982, per cui, tutt'al piu' e' quest'ultima che puo' considerarsi
 modificata  o  parzialmente  abrogata  dall'altra  (art.   15   delle
 disposizioni sulla legge in generale) e non viceversa.